Non solo un’eccessiva concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera: un’altra grave problematica che concorre al surriscaldamento globale è l’acidificazione dei mari e degli oceani. L’acidificazione dei mari è causata dall’eccedente quantità di CO2 assorbita dalle acque marine: purtroppo, nonostante la pericolosità di questa situazione, la variazione del pH non sembra destare lo stesso interesse e la stessa preoccupazione di altre tematiche ambientali. Dall’equilibrio degli ecosistemi marini, tuttavia, dipende la salute dell’intero pianeta, pertanto è bene prestare attenzione anche a questa tematica.
Il contrasto dell’acidificazione marina, specialmente quella del Mar Mediterraneo, è uno degli ambiziosi obiettivi del progetto di ricerca Desarc-Maresanus, condotto dal Politecnico di Milano e dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici con il supporto di Amundi e la collaborazione di CO2APPS.
Per contrastare l’acidificazione dei mari, è necessario innescare un processo di alcalinizzazione: è stato proposto di spargere nel mare sostanze alcaline come l’idrossido di calcio: trattasi di nient’altro che della calce spenta.
I pericoli dell’acidificazione dei mari
Gli oceani e i mari, che ricoprono oltre il 70% del globo terrestre, sono il più importante strumento per mitigare il surriscaldamento globale. Il rapporto speciale dell’IPCC su oceani e criosfera, pubblicato a settembre 2019, ha indicato come negli ultimi 50 anni le acque marine abbiano assimilato il 90% del calore generato dai gas serra di origine antropica. Secondo lo stesso report, dagli anni Ottanta ad oggi, gli oceani e i mari hanno assorbito fino al 30% di tutta la CO2 emessa dalle attività dell’uomo; l’anidride carbonica dissolta in acqua forma acido carbonico, che fa aumentare l’acidità del mare.
Un ambiente eccessivamente acido può danneggiare gravemente l’ecosistema marino, ad esempio limitando la formazione del carbonato di calcio, di cui sono composti esoscheletri e gusci di molti organismi marini come le conchiglie, i coralli e il plancton. Uno dei segni più visibili dell’acidificazione dei mari è il degrado delle barriere coralline: il loro sbiancamento, ovvero la progressiva perdita delle microalghe che ricoprono i coralli, danneggia gli equilibri che sostengono la vita di tutte le specie che vi trovano rifugio e nutrimento.
Contrastare l’acidificazione dei mari con la calce spenta
Per ostacolare il processo di acidificazione di mari e oceani, è necessario utilizzare sostanze alcaline, come appunto la calce spenta, capaci di innalzare il pH del mare e, contemporaneamente, di aumentarne la capacità di assorbimento della CO2. La tecnica, che si chiama “ocean liming” od “ocean alkalinization”, esiste già in natura, ma avviene molto lentamente: le acque piovane sciolgono il carbonato delle rocce che, finendo in mare, compensano l’acidificazione. Ma a causa della smisurata quantità di anidride carbonica, la compensazione naturale non risulta più sufficiente.
Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici presso il Politecnico di Milano e Project Leader della ricerca, spiega: “Questo sistema si studia in realtà già da una quindicina d’anni. Gli studi modellistici hanno dimostrato che può funzionare a livello globale. Con Desarc-Maresanus siamo però i primi a prendere in considerazione un bacino particolare, quello del Mediterraneo, e anche ad affrontare aspetti squisitamente pratici e logistici”.
Se la validità del metodo è ampiamente dimostrata, si tratta in questa seconda fase di comprendere il metodo migliore per metterlo in pratica; le modalità operative e i potenziali rischi per gli ecosistemi marini vengono studiati da numerosi gruppi di ricerca. Le modalità operative, i benefici o i potenziali rischi per gli ecosistemi marini sono studiati da numerosi gruppi di ricerca, e sono una delle attività di ricerca del progetto Desarc-Maresanus.
Conclude Caserini: “I risultati raggiunti sono molto interessanti e sono un ulteriore passo in avanti, ci danno fiducia che sia possibile rimuovere CO2 dall’atmosfera a prezzi non proibitivi, dando anche una risposta al grande problema dell’acidificazione del mare. Siamo appena all’inizio della ricerca, ci vorranno anni. Ma l’augurio è di mettere in pratica ciò che stiamo sperimentando entro il 2030”.
Allo stesso tempo, noi ci auguriamo che la calce naturale che Morandi Bortot produce con metodi tradizionali da più di cento anni possa avere un ulteriore utilizzo green, in linea con la mission di rispetto per gli equilibri naturali che portiamo avanti fin dalla nostra fondazione.